LA STORIA DEL PAESE
Testo di Vannes Chiandotto
tratto dal libro: 1496 - 1996 GIANFRANCESCO da TOLMEZZO a Provesano
BREVE STORIA DI PROVESANO
I dintorni dell'odierna Provesano risultano abitati fin dalla preistoria: verso Gradisca di Spilimbergo sono stati rinvenuti i resti di un castelliere. Ma forse è solo nell'epoca romana che l'area viene popolata stabilmente. Infatti, Provesano è un toponimo di origine latina, che dovrebbe significare “podere di Probus o Publicius”. Nei documenti risulta, però, citato solo dal 1140 e poi nel 1177 in atti concernenti vescovi di Concordia, sotto la cui giurisdizione spirituale rimane sempre unito tramite l'antica pieve di San Giorgio detta un tempo “di Cosa’' poi “della Richinvelda”. Da questa Provesano, comprendente allora anche Gradisca, si distacca, costituendosi in parrocchia, prima del 1392 (anche se una certa supremazia viene mantenuta dalla chiesa matrice ancora per vario tempo).
Provesano, come molta parte del territorio circostante, civilmente è dipeso dai conti di Spilimbergo e nei loro documenti compare in atti di divisione dal 1244. Tale situazione rimane pressoché inalterata anche quando nel 1420 la Repubblica di Venezia si impossessa del Friuli, assoggettato fino allora al patriarca di Aquileia. Agli inizi del XVI secolo viene istituita a Provesano la Confraternita dei Battuti il cui statuto ottiene l'approvazione vescovile. Nel succedersi dei secoli anche a Provesano capitano varie calamità: nel 1478 scorrerie di turchi, nel 1623 persino un'invasione di lupi che ammazzano due persone e ne feriscono tre e nel 1631 epidemie coleriche.
Grossi perturbamenti sociali e civili accadono con l'arrivo di Napoleone, che, nel marzo 1797, si scontra con gli austriaci nella brughiera del vicino Tagliamento. In quell'anno finiscono, con il dominio della Serenissima, le giurisdizioni feudali. In seguito si istituiscono le nuove municipalità e anche a Provesano, regnante Napoleone, ne viene nominata in qualche modo una. E l'Austria, quando vi subentra, aggrega inizialmente Provesano al comune di Barbeano, ma soppresso anche questo, lo include, dal 1819, nel comune di Spilimbergo. Pure tale circoscrizione amministrativa non rimane ferma, perché, attuata ormai l'unificazione del Friuli al Regno d'Italia, Provesano chiede di dividersi da Spilimbergo per ottenere migliori servizi pubblici. Così, dal 14 ottobre 1871, diventa una frazione del comune di San Giorgio della Richinvelda che conta già, oltre al capoluogo, i paesi di Domanins, Rauscedo, Aurava, Pozzo e Cosa. Intanto, dopo secolari contese, anche la parrocchia di Provesano nel 1858 conosce la separazione di Gradisca eretta in curazia (elevata, esattamente un secolo dopo, a parrocchia).
Nel 1879 si realizza il ponte sul Cosa tra Provesano e Gradisca, in modo che per andare verso Spilimbergo non bisogna più attraversare il guado. Un ulteriore miglioramento nei collegamenti si ha nel 1893 con l'avvio della ferrovia da Casarsa a Spilimbergo che ha una stazione pure nella frazione. Provesano segnala lutti, distruzioni e un massiccio esodo degli abitanti durante le giornate della rotta di Caporetto nel 1917 e l'invasione austro-tedesca. Il paese subisce danni anche dal ciclone che nel 1919 devasta Domanins e San Giorgio della Richinvelda e dai bombardamenti, nel 1944-45, durante il secondo conflitto mondiale.
Sotto l'aspetto ecclesiastico un importante cambiamento interviene dall'1 marzo 1987 con l'unione delle due comunità confinanti costituenti la nuova parrocchia di Provesano-Cosa dal titolo di San Leonardo e San Tommaso Apostolo.
CHIESA PARROCCHIALE DI SAN LEONARDO
Dedicato a San Leonardo, l'edificio sacro, probabilmente innalzato su una precedente chiesa, risale alla fine del XV secolo. Nel 1494, durante il “placito di cristianità” nella pieve di San Giorgio, una sorta di assemblea pubblica per esaminare la condizione dei benefici ecclesiastici e dei loro preposti, gli inviati del capitolo concordiese ispezionano la chiesa e chiedono ai capifamiglia di Provesano di affrettarne il completamento, che avviene in quello stesso anno o poco successivamente.
Due anni dopo l'abside è affrescata da Gianfrancesco da Tolmezzo. Si potrebbe perciò quasi ipotizzare che i dipinti di Gianfrancesco intervengono a suggellare nel miglior modo l'apertura al culto o quanto meno la fine dei lavori di costruzione della nuova parrocchiale. E, se le cose andarono così, il "debutto" con dipinti tanto imponenti non poteva essere più indovinato. Nei secoli successivi, la chiesa subisce vari rimaneggiamenti.
L'intervento più radicale viene effettuato nel 1828 dal parroco Mattia Sabbadini che fece assumere al tempio le attuali linee neoclassiche. L'ampliamento della costruzione, che fortunatamente salva l'abside affrescata, è determinato dall'accresciuta popolazione che assiste alle funzioni religiose. Un altro riatto alla chiesa diventa necessario dopo il terremoto del 1976. Un tempo attorno alla parrocchiale stava il piccolo cimitero del paese.
L'area adesso è un prato racchiuso da un muretto con tre aperture. Una conduce al cortile della canonica, mentre le altre due immettono nella spaziosa tipica piazza di paese friulano che Provesano tuttora conserva: la principale, abbellita da pilastrini, è posta davanti all'ingresso della chiesa e la più piccola, segnata da pinnacoli, sta nei pressi del campanile.
GLI AFFRESCHI DI GIANFRANCESCO DA TOLMEZZO
1. Il pittore
Gianfrancesco del Zotto firmava le sue opere come “Giovanni Francesco da Tolmezzo” e come tale è comunemente conosciuto. Poco si sa della sua nascita, che potrebbe essere capitata intorno al 1450, ma non è comprovato se avvenuta a Socchieve come alcuni sostengono o proprio a Tolmezzo come gli piaceva scrivere sui dipinti. Pare più sicuro che il padre facesse il sarto.
Ben poco si conosce sulla sua formazione e la disputa tra gli studiosi risulta piuttosto accesa se l'arte di Gianfrancesco appalesa maggiori influssi dalla pittura “nordica” o meglio “carinziana” e quindi vicina alla sua Carnia oppure più “veneta”, ma altrettanto vicina ai suoi luoghi di origine. Probabilmente hanno ragione i sostenitori di entrambi le tesi, perché è verosimile che egli abbia appreso da tutti e due gli ambienti, ma cercando di dare al tutto una personale rielaborazione che, in molti casi, appare assai originale e di grande forza espressiva.
È certo che Gianfrancesco, pur provenendo dal medesimo mondo di molti pittori e scultori del Quattrocento che saranno identificati come “tolmezzini” (Domenico, i due Nicolò e altri), riesce a imporre la sua personalità in modo quasi del tutto autonomo rispetto agli artisti suoi conterranei e contemporanei. Risale al 1482 la prima opera di Gianfrancesco documentata: è un ciclo di affreschi nella chiesa di San Nicolò di Comelico, ma si discute se gli affreschi di Barbeano risalgono alla stessa epoca o a qualche anno dopo, ma sicuramente a prima del 1489.
Seguono, poi, molte altre opere, che spesso come usava all'epoca, ripetono raffigurazioni già dipinte altrove (dati i limitati spostamenti delle persone pressoché nessuno si accorgeva delle “repliche”, ma la cosa allora poco importava). Oltre al ciclo di Provesano e a quelli già citati, opere importanti di Gianfrancesco da Tolmezzo sono collocate a Castel d'Aviano (dove “ricopia” smorzate anche scene provesanesi), Santa Lucia di Budoia, Pordenone, Sclavons di Cordenons, Vivaro, Forni di Sotto e di Sopra, Socchieve e in poche altre località del Friuli e di paesi limitrofi in Veneto.
Ma molte sue pitture, specie quelle su tavola, risultano purtroppo distrutte o disperse. Avendo lavorato soprattutto in Carnia e nella Destra Tagliamento, Gianfrancesco è considerato un artista quasi esclusivamente “friulano”. Il pittore dovrebbe essere morto intorno al 1511, ma anche questa data è controversa, perché si basa solo sul fatto che dopo tale anno non si rinvengono più tracce di dipinti suoi.
È quindi l'incertezza a dominare nella biografia di quello che qualche studioso considera il massimo pittore del Quattrocento friulano. In ogni caso Gianfrancesco, sia o non sia stato il maestro come appare più probabile, anticipa felicemente il geniale ed irrequieto Giovanni Antonio de' Sacchis detto il Pordenone la cui arte illumina i primi decenni del Cinquecento in Friuli e in varie altre località italiane.
2. Significato dei dipinti
Si è già affermato che le pitture di Gianfrancesco da Tolmezzo probabilmente vengono effettuate al completamento della costruzione della vecchia chiesa di Provesano. Colpisce subito la scelta del pittore di rappresentare la Crocifissione, che si staglia grandiosa nella parte centrale dell'abside e impressiona per la drammatica raffigurazione dell'evento. La scena sprigiona una così forte emozione che sembra voler atterrire chi si sofferma a contemplarla.
Ma, appena distolto lo sguardo e si guarda l'insieme degli affreschi, si ripercorre, nelle scene di minore dimensione che fanno da contorno a quella principale, un po' tutta la terribile “Via Crucis” che Gesù dovette affrontare ma per poi arrivare al momento più esaltante, quello della Resurrezione, che per il credente costituisce il momento centrale e il completamento della Rivelazione contenuta nelle sacre scritture.
Il linguaggio sconvolgente e a volte violento delle pitture vuole inoltre far capire che per l'uomo, nonostante la sua fragilità, esiste sempre la possibilità di raggiungere il Regno dei cieli e di sfuggire la dannazione eterna. L'individuo, sembrano voler dire ancora i dipinti, ha a disposizione, per conseguire la salvezza, oltre alla guida della Chiesa attraverso i suoi pastori e i suoi “dottori”, l'intercessione dei santi, come Sebastiano, Rocco, effigiati da Gianfrancesco che in tutta evidenza, possono provvedere per le sue esigenze spirituali, i suoi bisogni materiali e i suoi malanni fisici.
Il messaggio profondo che proviene dagli affreschi di Gianfrancesco a Provesano è dunque rivolto all'uomo che, pur con le sue gravi colpe, grazie alla fede, se vuole, ottiene rimedio alle sue mancanze. E Gianfrancesco, forse, nei dipinti di Provesano ha espresso altresì qualcosa d'altro. Pur non sapendo probabilmente nulla dei grandi avvenimenti che il mondo in quegli anni si prepara a conoscere, dalla scoperta dell'America alla divisione della cristianità provocata dalla riforma protestante, egli è riuscito a intuire che sconvolgimenti stanno approssimandosi.
Perciò la tragedia della Passione simboleggia il terrore di fronte alle novità che scardinano certezze e modi di vivere secolari. Ma a questo deve seguire quanto può dare sicurezza, ossia i valori perenni della fede cristiana. L'artista fa vedere così il dramma della condizione umana e la maniera per superarlo. Si potrebbe allora sostenere, parafrasando un celebre “pensiero” di Blaise Pascal, che con la sua sensibilità artistica Gianfrancesco è capace di esprimere ansie e aspettative che sono già nell'animo dei suoi contemporanei, ma essi non sono in grado di riconoscerle. Occorre appunto che qualcuno le espliciti in formule facili.
La sua pittura è, pertanto, lo strumento più efficace per far comprendere immediatamente, ai semplici abitanti di Provesano del XV secolo, concetti altrimenti incomprensibili. Allora i suoi affreschi assurgono proprio a «vera Bibbia dei poveri», secondo la spiegazione di mons. Arrigo Sedran e don Sisto Bortolussi nel libro del 1992 Parrocchia di Provesano-Cosa.
3. Descrizione delle pitture
Cerchiamo, rapidamente, di descrivere il ciclo di affreschi di Gianfrancesco a Provesano. La scelta di dipingere alle spalle dell'altare una Crocifissione è ritenuta dalla critica d'arte «di vigore icastico ... impetuoso e prepotente» (Marchetti), «di ampio respiro» (Bergamini), «acme espressiva del ciclo» (Casadio), «assolutamente innovativa» (Dell'Agnese) per l'epoca e anche uno dei motivi del tutto originali dei dipinti.
Perché molte delle altre scene della Passione che fanno da contorno alla Crocifissione appaiono, come hanno rilevato gli studiosi, letteralmente copiate dai disegni dell'incisore tedesco Martin Schongauer (1453-1491) e da quelli del monogrammista conosciuto come I.A.M. di Zwolle (circa 1440-1504).
Nell'affrescare questi quadri, Gianfrancesco si è limitalo a ingentilire il disegno, a impostare e a inserire sapientemente i colori, tutto il resto è una fedele riproduzione da disegni altrui (la cosa, come è stato già osservato, allora avveniva piuttosto di frequente: ancora il greco Isocrate ha avvertito che non è importante parlare «su argomenti da nessuno affrontati prima, ma chi sa parlare come nessun altro potrebbe», perciò, nel caso di Gianfrancesco a Provesano, essenziale diventa dipingere «come nessun altro potrebbe»).
Nella spaziosa Crocifissione colpiscono il volto sofferente ma sereno del Cristo, la cui figura sulla croce domina l'intero quadro in un voluto rilievo che la normale prospettiva non avrebbe consentito: è evidente che in tal modo il pittore intende far capire immediatamente quale è l'aspetto centrale della storia illustrata. Accanto a Gesù, ma spostati indietro, stanno i due ladroni: quello pentito appare con il capo reclinato e sembra spirato tranquillamente mentre l'altro è ancora in lotta con il demonio.
Sotto, c'è lo strazio della Madonna svenuta, soccorsa dalle pie donne, mentre l'insieme è popolato anche da armigeri, gente a cavallo, soldati che ai dadi disputano le vesti del Cristo, curiosi e altri. Sullo sfondo, fra i monti, compare la città di Gerusalemme, dove la tragedia ha avuto svolgimento. È certamente una composizione di potente impatto e con scorci di alta poesia, come qualcuno ha sottolinealo. Il genio di Gianfrancesco nella Crocifissione coglie una delle sue più felici espressioni e qui nessuno finora ha potuto dire che sia tributario ad altri di qualcosa.
Appena sotto la Crocifissione Gianfrancesco ha dipinto varie scene apocalittiche con diavoli, dannati, mostri e altre simili figure, che evidentemente fanno pensare al destino che attende il peccatore se non si converte. Oltre alla Crocifissione, il ciclo di affreschi di Provesano presenta: nella fiancata destra dell'abside Gesù nell'orto, l'Ultima cena, la Cattura, Gesù davanti a Caifa e, alla base, ancora scene apocalittiche; nella fiancata sinistra la Risurrezione, la Deposizione, Gesù davanti a Pilato, la Flagellazione, l’incontro con la Veronica e, alla base, gli apostoli; nella volta e nel sottarco gotico figure di profeti, di dottori della chiesa, di angeli, di sante e santi, fra i quali i veneratissimi Sebastiano e Rocco occupano una ragguardevole posizione.
Forse perché soddisfatto del lavoro compiuto, Gianfrancesco ha voluto fissare, con la firma, anche il suo profilo nelle linee di un veloce autoritratto, sopra il cui capo sta scritto: «Zuane Francesco D. Tolmezzo depenzeva... mexe... 1496». Un'altra scritta sta sopra il cartiglio del grande affresco raffigurante San Sebastiano: «Zuane Francesco/ D. Tolmezzo Depen/zeva sotto la Chura/ D... lo. D. Riame. D. La/ Tera del Titu 1496-AX ». Il pittore si riferisce al fatto che il parroco di Provesano, un certo Giovanni, sotto la cui cura gli affreschi vennero realizzati, era originario dalla Basilicata, come risulta anche scritto sul fusto del fonte battesimale.
ALTRE OPERE D'ARTE DELLA PARROCCHIALE
La chiesa di Provesano, oltre agli affreschi di Gianfrancesco, raccoglie diverse opere d'arte. L'acquasantiera, in pietra, è stata scolpita nel 1497 da Giovanni Antonio da Carona, detto il Pilacorte. L'anno dopo lo stesso scultore realizza il battistero (il Pilacorte per la chiesa fornisce anche un altorilievo raffigurante l'Eterno Padre, ora collocato nella vicina canonica).
Pietro da San Vito ha rappresentato in un affresco del 1513 la Madonna e i santi Rocco e Sebastiano, molto venerati, come già sottolineato, nei secoli scorsi perché protettori dalle pestilenze e l'opera venne commissionata al pittore proprio per questa ragione, come egli stesso registrò firmandola. Probabilmente alla fine del Seicento risale l'odierno altare con elegante tabernacolo. È un manufatto barocco, rivestito nella parte anteriore di marmo policromo.
Le statue in pietra, di ignoto scultore del Settecento, raffiguranti il patrono San Leonardo e Sant'Andrea apostolo, originariamente all'altare maggiore, poi addossate alla facciata, sono ora ritrasportate nella chiesa, in una cappella laterale. C'è una pala riportante i santi Floreano, Rocco e Sebastiano, dipinta nel 1846 dal pittore veneziano Fortunato Luigi Bello. Si contano così nella chiesa di Provesano ben tre diverse immagini dei santi Sebastiano e Rocco, evidentemente la peste mieteva moltissime vittime e non ci si stancava di invocarli (e raffigurarli).
In un altare laterale, è collocato il gruppo ligneo della Madonna di Lourdes con Santa Bernadetta inginocchiata, scolpito, negli anni Trenta del Novecento, da Giuseppe Scalambrin coadiuvato dal figlio Amilcare. Le stazioni, in rame, della Via Crucis sono un lavoro di Pierino Sam (1972).
IL CAMPANILE
Costruito nei primi decenni del secolo scorso, quando la chiesa viene profondamente rimaneggiata, il campanile di Provesano è alto circa 25 metri (secondo la tradizione locale dovrebbe avere, invece, la stessa misura, 27 metri, della profondità del pozzo che riforniva il paese). Le campane vennero rifatte due volte nel XX secolo: nel 1922 dopo l'asportazione degli austro-tedeschi durante l'invasione 1917-18 e nel 1985 per necessità di restauro che costrinse a rifonderle.
La presentazione di don Sisto Bortolussi
L’opuscolo 1496-1996 Gianfrancesco da Tolmezzo a Provesano, pubblicato per il cinquecentenario degli affreschi, fu presentato nel modo che segue dal parroco dell’epoca.
La parrocchia di San Leonardo
“Questo mondo in cui viviamo ha bisogno di bellezza artistica per non oscurarsi nella disperazione.
La bellezza, come la verità, è ciò che mette nel cuore degli uomini la gioia, è il frutto prezioso che resiste all’usura del tempo, che unisce le generazioni e le congiunge nell’ammirazione.
Agli artisti (Concilio Vaticano II)"
Gli affreschi di Gianfrancesco Del Zotto, o da Tolmezzo, che si ammirano nella Chiesa Parrocchiale di Provesano, hanno cinquecento anni.
Anni portati bene perché conservano la freschezza dei colori, la nitidezza dei disegni, la poesia tutta del Tolmezzino, che, a Provesano, tocca il culmine e colloca l’autore in un posto di preminenza nell’ambito della pittura friulana del Quattrocento.
Ma, soprattutto, esprime una profonda religiosità che può anche ora favorire un ricupero di valori che si sta perdendo, a scapito della solidarietà e di una ordinata vita civile. Ringrazio il dr. Vannes Chiandotto e Pietro De Rosa, per la stesura del testo il primo e per le foto l’altro, che rendono - ne sono certo - più agevole e dilettevole la visita della Chiesa.
Provesano, 11 novembre 1996
sac. Sisto Bortolussi
parroco di Provesano - Cosa
GALLERY DELLA CHIESA PARROCCHIAle
Fotografie di Pietro de Rosa
tratte dal libro: 1496 - 1996 GIANFRANCESCO da TOLMEZZO a Provesano